Sezione 2: I Tedeschi
Le forze armate tedesche sono presenti in Italia già dal 1940, quando l’aviazione comincia a collaborare nella guerra nel Mediterraneo a fianco dell’aeronautica italiana. Nell’estate del 1943 i soldati tedeschi sono sempre più numerosi, in attesa dell’invasione della Sicilia. Dalla sera dell’otto settembre 1943, cioè immediatamente dopo la proclamazione dell’armistizio, i tedeschi da alleati si tramutano in occupanti. Fino al 2 maggio del 1945, quando finisce la guerra in Italia, sono presenti due armate, la X e la XIV, che combattono lungo le successive linee di difesa (la Gustav, che si impernia attorno a Cassino, e la Gotica, che da La Spezia raggiunge l’Adriatico all’altezza di Ortona) e altre numerose unità delle SS che sono impegnate nella repressione della Resistenza.
Le condizioni della guerra in Italia sono terribili in entrambi i casi. Negli scontri contro gli eserciti anglo-americani i soldati tedeschi sono impegnati in battaglie durissime. Sul fronte di Cassino, ad esempio, o sulle spiagge di Anzio, le unità della Wehrmacht sono letteralmente massacrate dalla potenza di fuoco del nemico, che ha il predominio assoluto dell’aria e ha una enorme preponderanza di armi e di materiali. Anche la guerra contro i partigiani è particolarmente difficile, data l’onnipresenza del nemico, che rende insicure le retrovie e non lascia un attimo di tregua. Ma la brutalità e la spietatezza dei soldati tedeschi si spiegano anche con fattori politici e psicologici.
L’armistizio dell’otto settembre e la successiva dichiarazione di guerra del Regno d’Italia alla Germania, inviata il 13 ottobre 1943, segnano profondamente l’esperienza dei soldati tedeschi. Il “tradimento” consumato a settembre conferma tutti i pregiudizi razziali nei confronti degli italiani, considerati spesso infidi e vigliacchi. Con il cambiamento di schieramento avvenuto tra settembre e ottobre, tali pregiudizi si trasformano in vero e proprio odio. Gli italiani, in generale, sono visti come un popolo di traditori, razzialmente inferiore, che deve essere punito per aver abbandonato l’alleato durante la guerra. Inoltre la guerra partigiana viene considerata come “illegale” dai vertici militari, che quindi ritengono giustificato qualsiasi mezzo per stroncarla. Le rappresaglie collettive, le stragi di civili e il terrore generalizzato sono i metodi che, legalizzati dagli ordini del comandante della Wehrmacht in Italia, il Feldmaresciallo Albert Kesselring, vengono normalmente utilizzati, causando decine di migliaia di morti.
Le stragi e le rappresaglie si svolgono molto spesso a ridosso del fronte, durante le fasi di ritirata. Nell’autunno del 1943 è l’Italia meridionale che soffre in maniera particolare per le violenze delle truppe tedesche. Poi, nell’estate del 1944, la zona dell’Appennino Tosco-emiliano e la Toscana sono lo scenario delle più stragi più sanguinose, le cui più note sono quella di Monte Sole e di Sant’Anna di Stazzema. Una volta che il fronte si stabilizza lungo la linea Gotica, il comandante tedesco Kesselring organizza una serie di operazioni (la “Settimana della lotta alle bande”), nell’ottobre del 1944 che colpisce soprattutto le Alpi e alle quali partecipano anche le forze armate della Repubblica sociale. Sul finire della guerra, nella primavera del 1945, le truppe tedesche in ritirata scatenano un’ultima stagione di massacri che si concludono soltanto nei primi giorni del maggio di quell’anno.