Sezione 4: I Partigiani
Le forze armate italiane vengono prese completamente di sorpresa dall'annuncio dell'armistizio, molti sono catturati dai tedeschi, altri si danno alla fuga, mentre alcuni piccoli gruppi si rifugiano sulle montagne. Qui, grazie all'incontro con esponenti antifascisti, danno vita alla prime formazioni partigiane. Con il passare dei mesi alla Resistenza aderiscono esponenti di tutti i partiti (cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti) e cittadini senza partito ma che vogliono che l'Italia sia libera. I bandi di reclutamento dell'esercito della Repubblica Sociale Italiana spingono tanti giovani a rifugiarsi tra i partigiani. In un periodo di tempo relativamente breve, le bande partigiane, nella primavera del 1944, diventano piuttosto numerose ed agguerrite, tanto da riuscire a liberare alcuni territori montani, dove nascono le cosiddette "repubbliche partigiane".
Nell'estate del 1944 il movimento partigiano raggiunge il punto più alto della sua forza militare, che si esprime soprattutto nelle settimane dell'attacco Alleato alla linea Gotica. Dopo una grave crisi nell'autunno/inverno 1944/1945, dal febbraio 1945 le formazioni diventano sempre più forti e soprattutto meglio armate, grazie ai rifornimenti lanciati dagli aerei anglo-americani. Nella primavera del 1945 le brigate partigiane, che oramai contano di decine di migliaia di uomini ben armati e fortemente motivati, sono in grado di attaccare anche le grandi città e di liberarle prima dell'arrivo dell'esercito alleato. I partigiani, soprattutto quelli che resistono durante i due inverni del periodo 1943/1945, devono superare delle prove durissime. Le loro basi si trovano generalmente in alta montagna, dove trovare riparo e cibo è difficile.
Anche le zone più impervie sono periodicamente attaccate dalle operazioni antiguerriglia dei tedeschi e dei fascisti, i cosiddetti "rastrellamenti", che costringono i partigiani a fuggire e a trovare altri rifugi. Inoltre la guerra partigiana comporta uno sforzo psicologico particolarmente impegnativo. Rastrellamenti e rappresaglie contro la popolazione civile colpiscono spesso le famiglie e le comunità da dove provengono in partigiani, che spesso operano nei territori dove sono nati. Nella Resistenza operano tante donne, nei servizi di supporto, nei collegamenti (come le staffette) sia come combattenti armate. Alle violenze comuni ai loro compagni, come torture e fucilazioni, per loro è presente il rischio di subire violenze sessuali, che intendono colpirle come ribelli e come donne che hanno osato ribellarsi.
I partigiani e i loro parenti sono esposti alla violenza più brutale, alla quale a volte rispondono con altrettanta violenza, spesso indirizzata verso i fascisti più noti o attivi nella repressione. Vi sono anche casi di parenti di fascisti che vengono uccisi per "rappresaglia" o, più chiaramente, per vendetta. La memorialistica ha anche riportato casi di maltrattamenti nei confronti di fascisti fatti prigionieri, sempre allo scopo di strappare informazioni. Quella dei resistenti è quasi sempre una violenza mirata, che non colpisce mai indiscriminatamente, ed è comunque una violenza sentita come obbligata, per reagire all'occupazione tedesca e alla violenza fascista. È insomma una dura necessità che può portare, come in tutte le guerre, all'assuefazione, ad eccessi o a veri e propri crimini.