Sezione 5: I Deportati
La resa dell'esercito italiano dopo l'armistizio dell'otto settembre è considerato un episodio non troppo negativo da parte dei vertici nazisti, data la estrema necessità di utilizzare prigionieri nello sforzo bellico, dal momento che tutti gli uomini disponibili erano arruolati. I circa 800.000 militari catturati nella prima metà del mese sono inviati in Germania ed in Polonia per essere poi utilizzati come lavoratori forzati. Anche se la maggior parte degli ufficiali si rifiuta di lavorare, la grande maggioranza dei soldati semplici è avviata nelle fabbriche o nelle aziende agricole e in seguito sono tramutati in "lavoratori civili", anche se in realtà il lavoro è coatto. Le condizioni variano da zona a zona e da fabbrica a fabbrica, ma sono in generale molto dure. Pessime invece quelle degli ufficiali e soldati che volontariamente rimangono nei campi di prigionia e sono trattati in maniera disumana.
Vani sono anche i tentativi della Repubblica Sociale di arruolare gli internati per l'esercito di Mussolini. La percentuale di soldati che accetta di ritornare in patria per combattere per il fascismo è irrisoria. Oltre ai militari, è l'intera popolazione italiana che viene considerata una massa di manodopera da utilizzare per lo sforzo bellico tedesco. In un primo tempo le autorità tedesche cercano di convincere gli italiani a trasferirsi in Germania volontariamente, per essere impiegati come lavoratori civili. Questi tentativi si concludono con scarsi risultati e dall'estate del 1944 cominciano le vere e proprie razzie di uomini e di donne che vengono arrestati, molto spesso a caso, chiusi in campi di raccolta e poi inviati su treni merci verso la Germania, dove sono impiegati come lavoratori forzati.
Anche gli antifascisti, i partigiani presi prigionieri o comunque chiunque sia sospettato di essere un oppositore della Germania e del fascismo, vengono deportati, così come i lavoratori che partecipano ai grandi scioperi delle fabbriche del Nord Italia. Da Genova e Milano, ad esempio, vengono deportati migliaia di operai, mentre da Roma un intero quartiere (il Quadraro), viene svuotato dei suoi abitanti maschi. La loro sorte è nei campi punitivi, dove il lavoro forzato è un mezzo per uccidere i prigionieri. Nei campi di Mauthausen, di Buchenwald, di Dachau e di Auschwitz (solo per fare degli esempi), finiscono migliaia di oppositori politici italiani che vengono trattati in maniera disumana e che in larga percentuale non sopravvivono.